sabato 30 gennaio 2016

Autoritratti di una mente che se ne va. L'Alzheimer. di Rebecca di Santo


William Utermohlen è affetto da Alzheimer.
 

È un pittore affetto da Alzheimer.

 

L'Alzheimer fa dimenticare.

 

Così, negli anni, William Utermohlen si autoritrae e,

 

ogni volta,

 

dimentica qualcosa di sé, qualcosa del suo volto.

 

Eppure rimane se stesso.

 

Scompare la sua presenza eppure resta la traccia, l'ombra.

 

Il dolore dell'oblio.

 

William Utermohlen 1933 - 2007 


 
William e sua moglie Patricia




1967 William Utermohlen

1996  William Utermohlen

1996  William Utermohlen

1996  William Utermohlen

1997  William Utermohlen

1997  William Utermohlen

1998  William Utermohlen

1999  William Utermohlen

2000  William Utermohlen


William Utermohlen, 1996

oh, dove (sulla spiaggia? dove?). di Edoardo Sanguineti

oh, dove (sulla spiaggia? dove?); (place-scene, plage-plage);
dove cercarti
adesso? (avec <<les deux Françoises>>, per esempio); e in angoscia,
anche?
e discutere, anche, intorno al <<premier pas>> (timidamente,
il 10 settembre),
(a Donville); e attendere, così, l'autunno;
o monsieur Bens,
nell'alta (e poi,
giù) stanza delle ragazze:
(aux écuries, tra le gigantesche zanzare,
leggendo
Memmi, conversando con Lapassade, il mostruoso sociologo);
analizzando
madame Garache e madame Toussaint; o a Grandville, quel
                                                                    [venerdì
uscendo dal Casino, e procedendo sur les remparts, contro vento
(e tutto
sudato, perché si ballava, anche, Pepito); e in solitudine, anche
                                                                     [in vera
solitudine...
ma Mocky, tornando da St Lô, si aggiustava i capelli
sulla fronte
(abbiamo bevuto, anche, con Alain Borne, di Montélimar,
                                                                      [Drôme);
(ma non volle,
la sera, giocare au Ambassadeurs): poi tutti dormirono, in
                                                                      [macchina,
sulla strada di Parigi, nell'alta (e poi, giù!) notte
(nell'alta nebbia):
e poi, stringermi a te (il 19 settembre), nell'alto sogno
(e poi, giù!), amore!
Philippe (disse),
j'ai SOIF!:


attraverso Hebecrevon, Lessay, Portbail, St Sauver (sotto la 
                                                                          [pioggia,
sempre); poi Edith disse che non ero gentile (perché non
                                                                           [scrivevo,
come Pierre,
per lei, quelques poèmes); (e che non dovevamo partire);
Micheline
ci giudicò molto semplici: e Edith e MIcheline, quando io dissi
che non l'avevo
tradita (mia moglie), vollero crederlo;
(e qui cade opportun oricordare
quel:
<<se ti buttassi le bracci al collo ecc.>>, che venne poi);
poi si ballò
tutti, anche
Micha, nel salottino; attraverso Cerisy, Canisy, Coutances,
                                                                  [Regnevilles;
ma il 12
luglio era chiuso il Louvre, martedì);
e scrisse (sopra un foglio
a quadretti):
<<pensavo che nonposso guardarti in faccia>>; e: <<mi dispiace
                                                                   [per te>>;
e ancora scrisse (mia moglie): <<sto male>>;
e poi a Gap (H. A.),
(due giorni più tardi), storditi ancora, quasi inerti: e pensare
                                                                   [(dissi);
che noi (quasi piangendo, dissi); (e volevo dire, ma quasi mi
                                                                   [soffocava,
davvero, il pianto; volevo dire: con un amore come questo,
                                                                   [noi):
un giorno (noi); (e nella piazza strepitava la banda; e la stanza
                                                                   [era
in una strana penombra);

                                                                   (noi) dobbiamo morire.

di Edoardo Sanguineti
Mario Dondero sta alla luce
come Edoardo Sanguineti sta all'alfabeto.
Rebecca - foto di Mario Dondero

giovedì 28 gennaio 2016

Fammi una magia. di Nicoletta Mazzini

E lei disse: "Fammi una magia!"
E lui la chiuse in una scatola e la segò in due senza spargere una sola goccia di sangue.
Lei disse: "Stupiscimi!"
E lui le mise una mano sul petto, la mosse con maestria, la chiuse, la riaprì davanti ai suoi occhi mostrandole il suo stesso cuore ancora pulsante.
Lei disse: "Dimmi la formula magica!"
E lui restò in silenzio, a lungo come se stesse pensando, molto a lungo come se la stesse inventando, troppo a lungo come se se la fosse dimenticata.
Allora lui le disse: "Sorprendimi!"
E lei sparì.

di Nicoletta Mazzini









mi ami. di Ronald D. Laing

"mi ami" di Ronald D. Laing

LEI  mi ami?
LUI  sì ti amo
LEI  più di tutto?
LUI  sì più di tutto
LEI  più di tutto al mondo?
LUI  sì più di tutto al mondo
LEI  ti piaccio?
LUI  sì mi piaci
LEI  ti piace stare vicino a me?
LUI  sì mi piace stare vicino a te
LEI  ti piace guardarmi?
LUI  sì mi piace guardarti
LEI  pensi che io sia stupida?
LUI  no non penso che tu sia stupida
LEI  pensi che io sia carina?
LUI  sì penso che tu sia carina
LEI  ti annoio?
LUI  no non mi annoi
LEI  ti piacciono le mie sopracciglia?
LUI  si mi piacciono le tue sopracciglia
LEI  molto?
LUI  molto
LEI  quale ti piace di più?
LUI  se dico quale l’altra sarà gelosa
LEI  lo devi dire
LUI  sono tutt’e due squisite
LEI  davvero?
LUI  davvero
LEI  ho delle belle ciglia?
LUI  sì delle ciglia bellissime
LEI  ti piace annusarmi?
LUI  sì mi piace annusarti
LEI  ti piace il mio profumo?
LUI  sì mi piace il tuo profumo
LEI  pensi che io abbia buon gusto?
LUI  sì penso che tu abbia buon gusto
LEI  pensi che abbia del talento?
LUI  sì penso che tu abbia del talento
LEI  non pensi che io sia pigra?
LUI  no non penso che tu sia pigra
LEI  ti piace toccarmi?
LUI  sì mi piace toccarti
LEI  pensi che io sia buffa?
LUI  solo in un modo simpatico
LEI  stai ridendo di me?
LUI  no non sto ridendo di te
LEI  mi ami davvero?
LUI  sì ti amo davvero
LEI  dì
LUI  ti amo
LEI  hai voglia di abbracciarmi?
LUI  sì ho voglia di abbracciarti, e stringerti, e coccolarti, e amoreggiare con te
LEI  va tutto bene?
LUI  sì va tutto bene
LEI  giura che non mi lascerai mai?
LUI  giuro che non ti lascerò mai, mi faccio una croce sul cuore e che possa morire se non dico la verità
(pausa)
LEI  mi ami davvero?

Ronald D. Laing, Do you love me?, 1976
David Bowie

mercoledì 27 gennaio 2016

Per quel poco che manca e che tu non porti mai. di Henry Michaux

Tu vai senza me, mia vita
Tu scorri
Ed io non ho nemmeno fatto un passo.
Tu volgi altrove la battaglia,
Così mi diserti.
Io non t’ho mai seguito.

Non vedo chiaro nelle tue offerte.
Quel poco che vorrei, tu non lo porti mai.
Per questa mancanza, io aspiro a tanto.
A così tante cose, quasi all'infinito…
Per quel poco che manca e che tu non porti mai.

di Henry Michaux
di Henri Cartier Bresson

Fascismo, oggi.

I fascisti sono una trascurabile maggioranza. [...]

Ennio Flaiano



Lo Sforzo Umano. di Jacques Prévert

Lo sforzo umano 
non è quel bel giovane sorridente 
ritto sulla sua gamba di gesso 
o di pietra 
e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore
la stupida illusione
della gioia della danza e del giubilo
evocante con l'altra gamba in aria
la dolcezza del ritorno a casa
No
Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra
un altro sulla testa
e un terzo sulla spalla sinistra
con gli attrezzi a tracolla
e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio
Lo sforzo umano porta un cinto erniario
e le cicatrici delle lotte
intraprese dalla classe operaia
contro un mondo assurdo e senza leggi
Lo sforzo umano non possiede una vera casa
esso ha l'odore del proprio lavoro
ed è intaccato ai polmoni
il suo salario è magro
e così i suoi figli
lavora come un negro
e il negro lavora come lui
Lo sforzo umano no ha il savoir-vivre
Lo sforzo umano non ha l'età della ragione
lo sforzo umano ha l'età delle caserme
l'età dei bagni penali e delle prigioni
l'età delle chiese e delle officine
l'età dei cannoni
e lui che ha piantato dappertutto i vigneti
e accordato tutti i violini
si nutre di cattivi sogni
si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione
e come un grande scoiattolo ebbro
vorticosamente gira senza posa
in un universo ostile
polveroso e dal soffitto basso
e forgia senza fermarsi la catena
la terrificante catena in cui tutto s'incatena
la miseria il profitto il lavoro la carneficina
la tristezza la sventura l'insonnia la noia
la terrificante catena d'oro
di carbone di ferro e d'acciaio
di scoria e polvere di ferro
passata intorno al collo
di un mondo abbandonato
la miserabile catena
sulla quale vengono ad aggrapparsi
i ciondoli divini
le reliquie sacre
le croci al merito le croci uncinate
le scimmiette portafortuna
le medaglie dei vecchi servitori
i ninnoli della sfortuna
e il gran pezzo da museo
il gran ritratto equestre
il gran ritratto in piedi
il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede
il gran ritratto dorato
il gran ritratto del grande indovino
il gran ritratto del grande imperatore
il gran ritratto del grande pensatore
del gran camaleonte
del grande moralizzatore
del dignitoso e triste buffone
la testa del grande scocciatore
la testa dell'aggressivo pacificatore
la testa da sbirro del grande liberatore
la testa di Adolf Hitler
la testa del signor Thiers
la testa del dittatore
la testa del fucilatore
di non importa qual paese
di non importa qual colore
la testa odiosa
la testa disgraziata
la faccia da schiaffi
la faccia da massacrare
la faccia della paura.   

di Scott Scheidly

martedì 26 gennaio 2016

Papà, mi hanno uccisa? di Rebecca di Santo

sono confusa.
io non ero nata.
e poi Priebke è finalmente morto.
non ero nata il 16 ottobre del '43
e allora perché sento gli odori,
la fretta assurda?
sento la pipì che devo fare
e che mi scivola via.
a me e mio papà ci hanno presi che dormivamo.
hanno svegliato i miei sogni 
a forza di voci.
papà mi ha tirata via cercando di fare della mia e della sua carne
un unico corpo.
io per il camino non volevo passare
ma ho dovuto volare.
per forza.
e ancora piango per questo.

papà. non mi hanno mica uccisa, vero?

Rebecca di Santo

da Schindler's list

mercoledì 20 gennaio 2016

"Il casuale mestiere di vivere" di Rebecca di Santo


Il letto lasciato sfatto. 

Il comodino di Leila con un portasigarette ed un 

libro. 

Il premio Strega di quest'anno "La luna e i falò".

Leila è uscita mentre un'alba argentata carezzava

Torino. 

Ha camminato sui binari del tram. 

Tutto il giorno al Museo Egizio ed ora, che è sera, è 

di nuovo sulle scale diretta alla stanza 237. 

Col desiderio di sdraiarsi, leggere di Anguilla e di 

Nuto, fumarsi una sigaretta.

Cesare è nella stanza 238. 

Guarda il suo diario. Lo tiene chiuso, lo gira e lo 

rigira. 

Respiri senz'aria. 

Nero fuliggine nello sguardo. 

Una fila di bustine di sonnifero aperte sulla 

scrivania. 

Ne ha aperta una ogni ora. 

Nel silenzio isolato che chiamano suicidio. 

Come se stesse pregando. Invocando. 

I suoi leggerissimi occhiali. L'invisibile filo d'amore 

per la vita. 

Il Poeta è esangue. L'uomo è pronto ad andarsene. 

Senza amore.

Leila apre con accidentale violenza una porta 

mentre ancora deve inserire la chiave. 

Capisce subito l'errore. 

Cesare sussulta e si volta di scatto. 

Una ad una vanno a terra le bustine. 

Leila lo riconosce. 

Cesare si ferma, la mano fra i capelli a ravviarli.

Rebecca

Constance Dowling e Cesare Pavese