lunedì 26 ottobre 2015

Le ultime luci. di Ennio de Santis

Tramontato è il sole, e la luna
dai tuoi capelli eclissata
sfrangia le ultime luci
che discendono in acqua.

Dovrò chiudere gli occhi
per non guardare spogliarsi
svolgersi a corolla
impolverarsi d'azzurro
l'anima mia, dentro i tuoi
che hanno suoni d'aurore
ultraterrene.

Mi pento

d'essere cresciuto. 
di Alex Kisilevich

lunedì 12 ottobre 2015

Possiamo così tanto che il solo pensiero mi dà il capogiro. di Rebecca di Santo

Abbiamo imparato, che non possiamo accettare nessuna concezione ottimistica dell'esistenza, nessuna specie di lieto fine al dramma della storia.
Tuttavia, se crediamo che essere ottimisti è una stoltezza, sappiamo anche che dichiararsi pessimisti quanto alla possibilità di agire in mezzo ai nostri simili per diminuire i mali che ci affliggono e procurare qualche bene, è una viltà.
Albert Camus

Possiamo così tanto che il solo pensiero mi dà il capogiro.

Possiamo andare per strada e, sguardo alto, sorridere per la via quando altri sguardi ci incrociano.
Possiamo andare nel Centro di Accoglienza a noi più vicino e portare qualcosa, e portare soprattutto noi stessi.
Possiamo andare in un reparto d'ospedale.
Dove ci sono gli Anziani, sì quelli che non possono progettare un futuro a lungo termine, ma di certo possono fare un sorriso ora.
Possiamo mettere le nostre mani nel fare.
Possiamo mettere i nostri pensieri nell'agire.
Perché la catastrofica visione dell'impotenza è il vero schermo all'azione.
E anche il Tempo, rimandare al momento giusto.
Camus dice sia viltà.
Lo è.
Ed è una colpa grave non vivere.
Rebecca

di Francine van Hove



domenica 11 ottobre 2015

A frustate. di Rebecca di Santo

E così mi sono ritrovata nella preghiera.
Mentre l'alba si appassionava alle mie palpebre.

Ho visto l'anima nel muschio del nord
l'ho sentita nel suono dell'accensione di un motorino,
tanto tempo fa
nel Cimitero Celeste tibetano
dove gli avvoltoi si nutrono della morte, benedicendola.

Ho pregato indossando l'abito unico 
ho pregato spogliandomi 
ho pregato senza sentire nessun dio
ma sferrando colpi di frusta
alla bellezza del vivere.
Rebecca

opera di Hendrik Kerstens 






Questa non è una notizia. di Rebecca di Santo

Ho la Voce per urlare
ma non voglio siano Parole.
Sento spingere un rumore duro di pietre e lame.
Io non ho avuto scelta.
Non mi hanno passato alla Storia
per narrare di me 
nessuno vuole che il mio vivere sia degno.
Sono qui,
strattonato da uno scoppio e un calcio.
Mia madre pigiata nel mio stomaco.
Mio figlio che non saprà nemmeno nascere.
Mio me che non dorme da anni.
Ed ora il silenzio si è coagulato.
Il sangue sulle porte,
sul cielo,
sul muro che segna l'offesa.
Il sangue che non riesce a tacere.

Rebecca di Santo
Un raid israeliano su Gaza ha ucciso Nur e Rahaf Hassan.
Erano mamma e figlia.
Nur 30 anni, Rahaf Hassan 2 anni.
La donna era incinta.

Lo Stato Palestinese.
Nuovo e Antico dolore per la morte di Nur e Rahaf Hassa.



sabato 10 ottobre 2015

Non chiedere da dove venga il grido. di Rebecca di Santo


Non chiedermi da dove venga il grido.

‘ché io non lo voglio sentire più.

È questo sottofondo che trema

e non riposa.

Ammazzatemi in Palestina.

Ammazzatemi in Turchia.

Ammazzatemi in Tunisia.

Ammazzatemi dentro casa.

Ammazzatemi nella Spianata.

Ammazzatemi perché sono Innocente.

Come mosche veniamo giù.

Come foglie di Ungaretti.

Ammazzatemi

mentre l'Intifada mi rende viva.



                                                          Rebecca



Non chiedermi da dove venga il grido. 
Rebecca









sabato 3 ottobre 2015

Numeri. Date. di Rebecca di Santo

L'8 luglio del 2014 aveva inizio l'operazione "Margine Protettivo".
Iniziavano i raid aerei che colpiranno scuole, ospedali, case, la centrale elettrica di Gaza, le forniture idriche, il sistema fognario.
Tutto questo ha significato morte. 
Sono stati uccisi bambini e adulti. 
Ci sono stati attacchi colpevoli, attacchi cui la storia contemporanea ha dato il nome di "crimini di guerra".
Un numero imprecisato e alto di sfollati - che tuttora non hanno potuto ricostruirsi una casa -.
Sono stati uccisi 2.200 palestinesi.
1462 civili.
1/3 bambini.
73 israeliani.
di cui 7 civili.
fra questi 1 bambino.
Ma com'è la vita nella Striscia di Gaza in tempo di "pace"?
Forse dovrei fare questo sforzo.
Per capire la vita e la morte di chi ci nasce e ci cresce.
Una vita senza luce elettrica, non per povertà ma per volontà altrui.
Una vita in cui scavare tunnel per il contrabbando.
Vite in cui si nasce e si cresce avendo come Patria un Campo Profughi in casa propria.
Non solo stranieri ma invasori.
Esiliati in Patria.
Il palestinese ha scelto l'Intifada; ha scelto una volta per tutte di essere palestinese, mettendo al mondo figli, mettendo al mondo sassi da lanciare.
I Morti negli anni della prima Intifada (dal 1987 al 1993)
1100 palestinesi, 160 israeliani.
I Morti della seconda Intifada (dal 2000 al 2005)
5.500 palestinesi, 593 israeliani.

È strano che io tratti di numeri, ma la questione palestinese ne è piena:
anni, morti, centimetri quadrati rosicchiati dallo Stato di Israele.

Rosicchiati con le ruspe, rosicchiati con l'abbattimento di palazzi - uno per uno -.
Rosicchiata la toponomastica, vie che dalla sera alla mattina hanno mutato nome.
Rosicchiare così il senso stesso della Presenza, dell'Identità.
Dare nome al mondo attorno è un'attività fondamentale nell'affermazione del sé individuale e in quella del sé culturale.
È violenza, o meglio è stata violenza, quella di azzerare le mappe e di dire "tu non esisti più, i punti di riferimento della tua vita non esistono più".
E poi una mano lancia un sasso e sfonda il silenzio.

La Palestina non fugge e rimane a testimoniare se stessa.
E in questi giorni l'ennesimo spazio aperto alla violenza, perché nessun'altra ragione si fa spazio se la volontà è quella dell'annullamento.

Dal 1947 due Stati, laddove c'era uno Stato.

La Palestina esiste.
Rebecca



Se ci laviamo le mani del conflitto fra i Potenti e i Senza-Potere,
noi ci mettiamo dalla parte del potere,
non restiamo neutrali.

Banksy sul Muro d'Israele.


venerdì 2 ottobre 2015

Di Calzini e Ayahuasca. di Nicoletta Mazzini

Quando perdiamo qualcosa, i posti dove possiamo averla persa sono finiti: da qualche parte in cui siamo stati, in auto, in casa, in ufficio, a casa dell'amante, in hotel con l'amante, in lavatrice.
Possiamo anche non ricordarci dove, ma di certo è un posto in cui siamo stati.
In casa solitamente le cose non si perdono, ma si ripongono in un posto sicuro così quando le cerchi le trovi. Li ti rendi conto di essere una specialista del nascondimento, perché il posto è talmente sicuro che 5 secondi dopo aver nascosto l'oggetto, ti sei sparaflasshata alla men in black ed hai resettato il luogo del nascondimento. Per cui tecnicamente l'oggetto non è perduto, ma solo in attesa di essere ritrovato, in un barlume di lucidità oppure quando un ricordo tenterà la fuga verso la superficie come una bolla d'aria e allora PLOP ed ecco che ti ricordi tutto.
 di Sacha Goldberger

Tutto ciò che viene perso dove perderlo rappresenta una sciagura paragonabile solo all'acqua che si trasforma in sangue e alla morte di tutti i primogeniti ( aka perdere qualcosa a casa/auto dell'amante ) comporta la perdita immediata dell'oggetto, in quanto in caso di ritrovamento negheremo fino alla cianosi che sia nostro e nel peggiore dei casi cadremo a terra, zampe all'aria fingendoci morti.
Tutto ciò che viene perso altrove, in un qualsiasi altrove solitamente resta perso altrove e solo in rarissimi casi torna. come per magia, senza una spiegazione logica. c'è poco da dire, fa parte della sfera esoterica, non possiamo spiegare, solo accettare e rallegrarci nel caso accada, ma appunto non dipende da noi.
Tutto ciò che si perde in lavatrice ha scavalcato lo star gate quindi si trova in un'altra dimensione, parallela alla nostra, che vive una vita diversa ma simile. A volte vorrei essere un calzino, farmi questa esperienza, vedere se davvero si produce un fenomeno alla sliding door così da vivere la vita che avresti voluto, ma che non è capitata. tanto poi si torna, perché così come il calzino svanisce, così ritorna.
Detto ciò: quelli che affrontano viaggi lunghissimi verso chessò l'India, la foresta Amazzonica o altre mete amene allo scopo di RITROVAR SE STESSI dove si erano persi? negli stessi luoghi? si erano nascosti in casa? in casa dell'amante? oppure avevano fatto un ciclo bianchi a 60° con centrifuga a 1200 giri ed erano stati sparati nell'iperspazio del candeggio?
di Mircea Cantor - Tracking Happiness, 2009











No perché non ha senso fare un viaggio per 
ritrovar sé stessi, se parti per un viaggione così cazzo come minimo devi trovare un NUOVO te stesso non Ritrovare quello vecchio! se parti per il viaggio della vita è come se cambiassi pelle, è come se fossi un calzino bianco che rotolo con quelli rossi e viene fuori rosa! basta con sta storia del parto per ritrovare me stesso, anche perché, spesso, quando perdiamo qualcosa è perché quel qualcosa ha esaurito l'utilità, non ci serve più.
quindi fatevi due dita di ayahuasca, sdraiatevi sul divano e buon viaggio!                                                                                                                                                                    di Nicoletta Mazzini
di Steve McCurry





giovedì 1 ottobre 2015

Guardare al Cielo della Palestina. di Rebecca di Santo

...non è accaduto quasi nulla.
Ma lo so,
issare una Bandiera è artigliare il cielo.
Prendere un sasso 
e posarlo a terra
per il tempo che dura una ventata.

Massacro di pietre
sangue per ogni millimetrocubo di presente.
Il suono di un Popolo
che rimane Bambino.
La Palestina esiste.
Rebecca

il 30 settembre 2015 al Palazzo di Vetro è stata issata per la prima volta la bandiera della Palestina





Abū Māzen, Presidente della Palestina, all'alzabandiera presso l'ONU