All'interno
del binomio salute-salvezza è fondamentale, per incamminarsi sulla via della
guarigione e raggiungere la salvezza, la percezione, individuale o di un
gruppo, della condizione di malattia: avvertire un disturbo limitante che
convoglia l'attenzione e permette di applicarsi alla terapia possibile.
Prendendo
un contesto molto ampio di sollecitazione è possibile considerare il movimento
ecologista, pur nelle sue diversità, come movimento per la salute del pianeta
terra, per una convivenza salvifica di tutta la materia vivente che ha la sua
dimora in esso. La percezione dello stato di turbamento della terra non è certo
nuovissima; tuttavia, essendo il pianeta un soggetto a disposizione della più
ampia vastità di partecipanti, il mutamento culturale che accompagna tale
scoperta e che seleziona terapie, ad hoc o ad ampio raggio, è frastagliato e le
parti non sono fra loro in chiara comunicazione.
È
possibile individuare con subitanea evidenza una forte coincidenza fra la
preoccupazione per lo stato d'insieme delle relazioni nel pianeta, per
l'ecologia quindi, e un'inquietudine volta a rinnovare questa totalità a un
livello quasi-religioso. Necessità dettata anzitutto
dal poter trattare l'ampiezza del soggetto in questione: poter opporre a una
pratica scientifica d'intervento mirato, una considerazione che riesca a tenere
insieme la totalità delle diversità, la diversa qualità delle singole
componenti, potendo però testimoniare una profonda unità spaziale e temporale.
Quasi-religioso poiché questa unità è rappresentata contemporaneamente
nell'immanenza e nella trascendenza del soggetto sacro.
In
fin dei conti il binomio salute-salvezza si propone anch'esso come
inestricabile da una via panica, di sicuro non l'unica terapia possibile ma al
contempo una via molto frequentata.
Una
tendenza che si presenta come dichiaratamente impegnata in tale direzione è
quella del neo-paganesimo Wicca, o delle Streghe, indirizzo molto attivo in
Nordamerica dopo una nascita nord-europea intorno alla metà del xx secolo.
Un
chiarimento preliminare necessario è relativo al nome stesso Wicca, da witch
witchcraft, che indica una predominante femminile, dovuta a un riscatto
contemporaneamente storico-religioso e di genere sessuale. Le Streghe sentono
ancora fresca la profonda ferita inflitta dall'Inquisizione alla loro
conoscenza intima, e sanatrice, dei segreti della Madre Terra; Inquisizione
intesa anche come reazione smodata del mondo maschile al potere femminile. Da
qui l'ulteriore impostazione ecofemminista. Predominante che non diviene però
divieto d'accesso alla componente maschile; è anzi proprio un uomo colui che
per sue personali vicissitudini, e sicuramente grazie alla lettura dei testi
dell'antropologa Margaret Alice Murray, darà impeto al credo e al cerimoniale
Wicca.
L'analisi
di Margaret Murray, egittologa e folklorista, è basata sull'attestazione della
continuità della stregoneria come culto dell'Europa precristiana trasmesso fino
alle streghe inquisite, culto in realtà legato alle pratiche di conoscenza e
all'uso delle erbe e delle pozioni magiche, ovvero al giusto rapporto fra
diversi elementi. Sarà quindi proprio un uomo, Gerald Gardner, a prolungare il
senso di tale sintesi e a rintracciare, e in parte inventare, pratiche a lui
contemporanee persistenti in Inghilterra, da potersi definire stregonesche.
Gardner, nel 1954, riuscirà a pubblicare il volume Witchcraft Today con
l'intento di far risorgere la stregoneria, il Wicca, rendendo il massimo della
visibilità a un movimento sempre identificato con il buio notturno. Sarà in
quel momento possibile trattare liberamente di stregoneria poiché sono passati
tre anni dal decadere dell'ultima legge contro le streghe vigente dal 1735. Nel
1951 si passa infatti dal Whitchcraft Act al Fraudolent Mediums Act.
È
il caso di dire che oggi le Streghe hanno effettivamente raggiunto la luce del
giorno, essendo divenute promotrici di molte attività da svolgersi in pubblico:
proteste creative contro i disboscamenti, interventi nei forum no-global sia
locali che mondiali, riti pubblici per sollecitare partecipazione e interventi
o, da ultimo, manifestare la propria posizione sulla guerra e sui rapporti fra
popoli.
Anche
l'attributo di neo pagano contiene una molteplicità di indicazioni. Ciò che si
impone in tutta evidenza è l'ampiezza degli elementi coinvolti, che stringono
insieme l'individuo -contemporaneamente come sfera corporea, condotta e
personale forma di aderenza al sacro-, la vita quotidiana, le relazioni
sociali, in un tutto contenuto dall'importanza dell'ambiente naturale, non
necessariamente trasposta in chiave simbolica. Anche se vi è un dibattito
acceso sulla considerazione dell'adesione alla Vecchia Religione Universale
come adesione a una metafora e non a una realtà letterale; questo,
probabilmente, per eludere eventuali richieste di riscontro su precisi momenti
e modi d' origine del culto Wicca e potersi piuttosto appellare a una generica
religione della natura.
Neopagano,
politeista, altrimenti indicato come biteista, vista l'insistenza nei
riferimenti e nei riti a due sole divinità, femminile e maschile, sembra di
più immediato chiarimento l'indicazione di movimento politeista, poiché pur
essendo la Dea o Grande Dea o Madre Terra sicuramente colei che racchiude
infine la molteplicità in unità, è comunque considerata immanente e non
distinguibile dalla varietà stessa. Tale politeismo è pervaso di colori panici,
colori che tingono ogni singola componente di sfumature che la raccordano al
tutto. Ogni luogo è sacro benché vi sia la possibilità di individuare in luoghi
o in elementi specifici una particolare forza comunicante della divinità;
questa possibilità è aperta a tutti ma una Strega è sicuramente la più indicata
per sollecitare tale potere e renderlo condivisibile.
La
via della guarigione praticata non è di sicuro nuova, fondamentalmente si basa
su una identificazione fra umanità, natura e sacralità. Tale unità comporta un
prendersi cura del proprio corpo, come della propria casa, come della terra in
senso più ampio. Non è una novità, questa, poiché in ambito etnologico gli
esempi relativi sono davvero infiniti e sarebbero sufficienti i testi di Mircea
Eliade per avere un rapporto importante del legame fra condotta personale -del
singolo o del gruppo- e percezione della sacralità in cui questa condotta è
contenuta.
La
novità, in questa direzione, sta comunque nel considerare il valore intrinseco
di ogni elemento naturale: tale valutazione comporta la piena convinzione
dell'uguaglianza iocentrica e della codeterminazione reciproca. Una Strega
considera tali valori etici come unica rivelazione possibile della vita, da
cogliere nella sua continua e prospera manifestazione naturale. Valore
intrinseco, uguaglianza biocentrica e codeterminazione reciproca non sono in
realtà propri del linguaggio wiccan quanto piuttosto della deep ecology, ma ben
traducono una serie di riti e di leggi condivisi dalle Streghe.
Nella
Vecchia Religione Universale è fondamentale proprio la dimensione rituale. Augé
la definisce, in un contesto pagano appunto, come una «incessante
contrattazione con la natura» che genera un'opera di mimetismo globale, poiché
ogni oggetto di contrattazione diviene elemento naturale e tutti i poteri (adottati o subìti) vengono interpretati come potenze naturali. Siamo in
presenza di un paradosso nel quale il concreto viene costantemente trattato
come simbolico; ciò che ha forma concreta, umana, culturale, diviene
naturomorfo. La nascita degli dèi - o dei simboli - progredisce così da un
crescente riconoscimento del sacro che si manifesta nella materia. Il concreto
cambia gradatamente forma e sostanza e questo concede al neopagano di
approdare a una maggiore intimità con gli dèi. La Strega comprende la Dea
attraverso il riconoscimento della fusione fra sacro e materia, fra individuo
e divino. In questa dimensione di contrattazione e agnizione si riproducono e
si riconoscono i segni e il senso del sacro, necessari sia per l'esperienza individuale
sia per la .necessità di partecipazione e intervento di gruppo. Pur non essendo
il neopaganesimo caratterizzato da un'aspirazione al proselitismo
ecumenizzante o da testi sacri univoci che ne segnano l'origine, vi si trova
comunque insita una
naturale
necessità di condivisione, è anzi proprio dalla stima della mutua relazione fra
elementi che il neopaganesimo trae la sua forma e il suo percorso di perenne
evoluzione.
Vi
è comunque una produzione di pensiero teorico, seppure ristretta, e nel leggerne
ci si imbatte più che altro in professioni di fede molto personali e dichiarate
che scivolano velocemente verso l'illustrazione di possibili riti, in quali
momenti effettuarli e quali elementi utilizzare ed invocare. Anche rispetto ai
riti riferiti c'è una totale disponibilità alla rielaborazione da parte del
lettore/adepto, per poter riadattare il tutto in seno alla comunità e
all'ambiente nel quale vive. Quindi è sovente garantita la totale liceità ai
personali interventi oltre che per sviluppare i contenuti e le forme del
rituale, anche per ciò che concerne quella forma di potere così fondamentale
nel tentativo di appropriarsi del mondo, ovvero la possibilità individuale di
assegnare nomi o immagini al sacro stesso.
I
riti Wicca vengono iniziati chiamando ad adunanza non solo i partecipanti umani
ma anche i quattro elementi, i venti o i punti cardinali, e soprattutto
animali, alberi, piante specifici della zona.
Le
leggi o princìpi etici wiccan sono fondamentalmente due: il Rede e la Legge del Tre.
«Fa'
ciò che vuoi se non nuoce a nessuno». Questo è il Rede, ovvero la regola, il
saggio consiglio che una Strega persegue nel momento in cui ha ricevuto
l'Incarico dalla Dea attraverso una visione, una comunicazione diretta avvenuta
in solitudine o durante un rito di invocazione. Il Rede è indicativo senza
essere ingiuntivo, appunto si tratta di un consiglio. Nel testo wiccan del
Rede, si può cogliere la misura di ciò· che costituisce la via sana, che non
nuoce. Vi sono menzionati comportamenti propriamente umani ma relati a tutti
quegli elementi che si invocano per venire a partecipare al convegno nel
cerchio sacro dei riti, quindi: il cerchio stesso, gli antenati, la lunazione,
i venti, gli alberi, equinozi e solstizi. Ognuno di questi elementi ha una sua
specificità e al tempo stesso può essere visto come richiamo simbolico che va
dal piano più personale alla Madre Terra, quindi operare nel Rede è operare
simultaneamente su un piano individuale e cosmico. È questo il forte richiamo
alla guarigione come completa consapevolezza
dell'impossibilità di scindere la propria salvezza dalla salvezza di ciò che ci
comprende e che a nostra volta andiamo ad includere attraverso le nostre
azioni.
«Non
passare alcuna stagione con uno sciocco», le Streghe rammemorano il pericolo
di trovarsi coinvolti in circuiti che rendano familiare una condotta o pensieri
che allontanino dall'individuazione dell'unità. Il male peggiore è costituito
dall'allontanamento dall'interezza accessibile attraverso la Dea per dirigersi
in anfratti separati. Un corpo separato, in sé o dal contatto con la Terra, fa
molta fatica a individuare la sanità.
La
Legge del Tre, o Legge del Ritorno, pone alla sua base la premessa che ciò che
facciamo ci torna indietro, nel tempo, triplicato nella sua forza. È una legge
molto controversa, di probabile matrice gardneriana, seguìta però
eterogeneamente anche dalle streghe dei gruppi Reclaiming americani, gruppi a
intensa militanza etico-politica. La controversia sulla legge è racchiusa
nella difficoltà di riconoscervi una spinta positiva e non intimativa: è
possibile che una strega debba limitare le sue azioni per paura
delle conseguenze e non per amore della vita e delle sue espressioni? Le
intepretazioni positive in effetti vedono questa legge come una proposizione
etica: qualunque cosa facciamo non finisce nel momento in cui l'abbiamo
compiuta, poiché va ad inserirsi in un circuito, perlopiù ignoto, con
successive ripercussioni. Un po' come l'immagine poetica evocata spesso da
Edgar Morin quando ci dice che il battito d'ali di una farfalla in Europa può
sollecitare un uragano in Amazzonia.
Entrambe
le regole, o consigli, ispirano una particolare accortezza nella condotta
considerando che non solo ogni azione si lega alle altre ma che il suo effetto
-ordinario per quanto invisibile- agisce su contesti da considerarsi solo
superficialmente distanti.
Quindi
le leggi wiccan riguardano propriamente la condotta nella totale complicità e
in testimonianza di ciò che ci circonda: poiché la Dea è in ogni cosa ed ogni
cosa è quindi una sua manifestazione, dobbiamo considerarci immersi in un mondo
perfettamente rilevante, in ogni sua forma.
L'arte
praticata dalle Streghe è inestricabile dal dover conoscere la Dea nella sua
miriade di fogge; una strega quindi non ha peccato e non teme la Dea, qualora
ne rispetti la vitalità. L'aspirazione alla salute è perseguita
contemporaneamente in tre direzioni, a loro volta ricche di estensioni: il Sé
umano (inteso come materia organica e spirituale), l'orto (il giardino da
curare, di qualunque misura esso sia) e la Dea (l'immanenza del sacro che
permette di individuare l'identificazione fra singolo ed ambiente).
Quest'ultimo punto è fondamentale, poiché senza la percezione della totalità
come intera unità di parti distinguibili è impossibile applicarsi per la
salvezza.
È
l'immanenza della Dea a far sì che sia possibile volgere la personale percezione
del sacro a un'etica ecologicamente attiva, distante quindi da un misticismo
ritirato. La terapia dell' ecomagia -le azioni ecologiste pagane- permette di
osservare effetti nascosti sia delle nostre stesse azioni che di quelle che
subiamo insieme all'ambiente. Per una strega wiccan è impensabile allontanarsi
lungo le vie sacre senza sapere su quale specifico terreno stia fisicamente
posando i piedi, e questo escludendo qualsiasi senso metaforico. Una strega
cura l'orto, si occupa di conoscere la rete di distribuzione e riciclo delle
acque, tenta di comunicare con i suoi vicini per collaborare a lavori che siano
di quartiere e che rendano vivace e qualificata la convivenza fra umani ed
altre specie. Insomma una strega wiccan non si perde fra gli alambicchi e le
pozioni, ma fa sì che la sua pratica sia soprattutto condivisibile, altrimenti
la salvezza della grande casa terra diverrebbe inimmaginabile.
Le
azioni simboliche e creative, le performance, sono delle celebrazioni della
vita, suggerite dalla singola capacità di comunicare artisticamente la propria
intimità con il sacro, e partecipano contemporaneamente dell' ecomagia e del
personale ed unico accesso alla Dea. Il linguaggio astratto è ritenuto
essenziale, poiché è riconosciuto come unico modo per dire e trattare
metaforicamente ciò che non può essere espresso direttamente; così viene
prediletto il mito, la poesia, il canto, i racconti, le fiabe, o altrimenti la
dimensione della festa, del cerchio, del rito, piuttosto che la discussione attorno
a un tavolo. Organizzare l'astrazione in un sistema logico in grado di
illustrare le precise relazioni ambientali, senza concedere spazio alle
anomalie dell'esperienza individuale -siano esse fisiche o legate al pensiero-,
è considerato sicuramente utile per quanto concerne il versante
dell'intervento pratico ma infecondo per ciò che riguarda l'aderenza
spirituale al mondo. È impossibile concepire e sviluppare la coscienza, la
conoscenza e la comunicazione se non all'interno di un ampio mondo di relazioni.
In questo incrocio di reti, comprendere e agire reciprocamente trova nell'uso
del linguaggio soltanto uno dei momenti di realizzazione e possibilità. Anche
il mito necessita di una configurazione rituale, che permette di comprendere le
connessioni profonde inscritte nel racconto mitico stesso. Tali articolazioni
non possono ricevere senso se sono soltanto ascoltate o ripetute con le parole
ma devono essere necessariamente vissute e condivise sotto forma di mutue
azioni.
Dalle
Streghe è considerato vano, costrittivo ed arrogante, concepire la verità come
necessariamente rintracciabile da altra fonte, derivabile soltanto di seconda
mano; una verità da far dipendere costantemente da un modello precedente e
ufficiale, di cui non è richiesta la personale conoscenza, ma solamente un
sostegno teorico-intellettuale. La visione personale, nel riferimento
all'esperienza che si fa di essa, è invece la condizione prediletta di
apprendimento per la wiccan. La visione, intesa in senso antropologico, ovvero
come accesso alla conoscenza, è esaltata dalle Streghe come possibilità di
esperire livelli di coscienza diversi da quelli ordinari. Essa comporta inoltre
un'assunzione di responsabilità, poiché contiene in sé un imperativo
indissolubile dalla propria condotta quotidiana. L'efficacia simbolica della
visione poggia fondamentalmente sui singoli e fa leva sulla capacità di questi
di allargarne il contenuto permettendo di congiungere più elementi e
partecipanti agli eventi, accrescendo parallelamente la reciproca responsabilità.
La
forza, l'intensità e l'efficacia dei simboli sembra essere significativamente
legata all'efficacia funzionale del legame fra individuo e profondità
simbolica. Non c'è un luogo separato nel quale concentrarsi e condensare
l'esperienza del sacro; questo dà luce a un criterio guida: il sacro è
immanente, non trascendente, è vivibile senza tregua, da chiunque e in
qualsiasi azione. La visione neopagana è necessariamente efficace, poiché è
essenziale e imprescindibile al procedere nelle relazioni intere
intraspecifiche, e interviene dinamicamente nella quotidianità. Anche «meditare
su» la Dea o il Dio apre la comunicazione con loro e li rende riconoscibili e
trattabili come reali. Meditare sul Dio Cornuto o sulla Grande Madre, officiare
un rito con la luna nuova oppure accendere un fuoco nel bosco, genererà
prospettive e, conseguentemente, pratiche di
verse.
Si consolida così un rapporto direttamente proporzionale è tra la vastità della
propria visione e la conquista e i f senso della responsabilità: ciò che si
chiamati a dare.
Tornando
alla necessaria percezione di una condizione di disturbo per far sì che ci si
immetta nel percorso della guarigione, è probabilmente efficace integrare un
pensiero di Alejandro Jodorowsky, contenuto nella sua idea di terapia panica,
una terapia anch'essa globale, che sottolinea l'importanza di togliere il
chiodo dalla propria scarpa poiché altrimenti tutti i nostri pensieri verranno
raccolti da quel chiodo. Solo dopo averlo estratto sarà possibile volgersi
altrove. Per Jodorowsky esiste una sola cura globale: incontrare Dio,
riferendosi a un Dio perfettamente coincidente con la nostra unica
personalità, ma tale da liberare la nostra capacità di riconoscere in quale
totalità viviamo, senza chiodi nelle scarpe.
di Rebecca di Santo
in Religioni e Società,
Rivista di scienze sociali della religione.
Anno XIX, gennaio-aprile 2014