domenica 4 dicembre 2016

Che Guevara. L'Avana, anno dell'Agricoltura. 31 marzo 1965

Fidel,
in questa ora mi ricordo di molte cose, di quando ti ho conosciuto in casa di Maria Antonia, di quando mi hai proposto di venire, di tutta la tensione dei preparativi.
Un giorno passarono a domandare chi si doveva avvisare in caso di morte, e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti. Poi sapemmo che era proprio così, che in una rivoluzione, se è vera, si vince o si muore, e molti compagni sono rimasti lungo il cammino verso la vittoria.
Oggi tutto ha un tono meno drammatico, perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento che ho compiuto la parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio.
Faccio formale rinuncia ai miei incarichi nella direzione del partito, al mio posto di ministro, al mio grado di comandante, alla mia condizione di cubano. Niente di giuridico mi lega a Cuba; solo rapporti di altro tipo che non si possono spezzare come le nomine. Se faccio un bilancio della mia vita, credo di poter dire che ho lavorato con sufficiente rettitudine e abnegazione a consolidare la vittoria della rivoluzione.
Il mio unico errore di una certa gravità è stato quello di non aver avuto fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente rapidità le tue qualità di dirigente e di rivoluzionario.
Ho vissuto giorni magnifici e al tuo fianco ho sentito l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi.
Poche volte uno statista ha brillato di una luce più alta che in quei giorni; mi inorgoglisce anche il pensiero di averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua maniera di pensare e di vedere e di valutare i pericoli e i princìpi.
Altre sierras nel mondo reclamano il contributo delle mie modeste forze. io posso fare quello che a te è negato per le responsabilità che hai alla testa di Cuba, ed è arrivata l’ora di separarci.
Lo faccio con un misto di allegria e di dolore; lascio qui gli esseri che amo, e lascio un popolo che mi ha accettato come figlio; tutto ciò rinascerà nel mio spirito; sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l’imperialismo dovunque esso sia; questo riconforta e guarisce in abbondanza di qualunque lacerazione.
Ripeto ancora una volta che libero Cuba da qualsiasi responsabilità tranne da quella che emanerà dal suo esempio; se l’ora definitiva arriverà per me sotto un altro cielo, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e in modo speciale per te; ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e per il tuo esempio a cui cercherò di essere fedele fino alle ultime conseguenze delle mie azioni; mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra rivoluzione e continuo a farlo; dovunque andrò sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano e come tale agirò; non lascio a mia moglie e ai miei figli niente di materiale, ma questo non è per me ragione di pena: mi rallegro che sia così; non chiedo niente per loro perché lo stato gli darà il necessario per vivere e per educarsi.
Avrei molte cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che le parole non sono necessarie e che non possono esprimere quello che io vorrei dire; non vale la pena di consumare altri fogli.
Fino alla vittoria sempre. Patria o Morte!
Ti abbraccio con grande fervore rivoluzionario

Che
L'Avana, anno dell'Agricoltura.
31 marzo 1965


























Non sono Cristo né un filantropo, io sono tutto il contrario di un Cristo; 
io combatto per le cose in cui credo con tutte le armi a mia disposizione e cerco di lasciare morto l'altro, 
invece di lasciarmi mettere in croce o in qualsiasi altro luogo.
Ernesto Guevara, El Che, 
Rosario (Argentina) 14 giugno 1928 - La Higuera (Bolivia) 9 ottobre 1967

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