domenica 16 luglio 2017

Femminicidio, ovvero morire "Per nessun motivo". Rebecca di Santo



Per nessun motivo

Scendo verso il lago. La discesa riflette il cielo grigio. La neve s’è fatta fango.
Il vento muove il trench. La cinta slacciata sale nel cielo, in verticale; come il nastro d’una festa.
Sento, violento, uno strappo sotto la scapola.
Non sono più sola.
Una mano buia estrae lo strappo dalla schiena. Un’altra mano fruga fra i capelli. Li tira.
Mi volta.
È innaturale. Devo esser divenuta di pezza. L’udito s’è offuscato.
Una lama mi graffia il viso.
Ora posso vederlo in volto, è Carlo, l’edicolante.
Mi si sfrega addosso. E poi cadiamo. 
Non posso staccarmi, mi trattiene a lui la lama del suo coltello che mi rovista la pancia.
Non penso. Solo movimenti d’affanno e paura.
L’acqua ci prende subito.
I vestiti mi si fanno addosso pesanti. Gli stivali zavorre che mi affondano.
Carlo è felice mentre mi scivola sopra. Mentre la melma ci avvolge. Vedo il suo ghigno.
Come quando gli ho detto di no, che non era una storia la nostra. 
C'erano state solo un paio di pizze e una passeggiata, proprio in questo lungolago.
Non aveva detto nulla. Sereno, ho pensato.
Invece ora sto affogando. 
Carlo mi dà un calcio in faccia per concedersi uno scatto di reni e risalire in superficie. Felice.

Io sto morendo. Col terrore ed il buio e un rumore d’acqua che mi uccide dentro.
Sto morendo per nessun motivo.


Foto dal sito LucieandSimon

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