venerdì 1 settembre 2017

Primo giorno di Scuola. Beslan. La strage. di Rebecca

«Nessuno di noi, prima di arrivare alla porta, ha detto o urlato qualcosa. Siamo piombati dentro la scuola in silenzio, come fanno i corvi quando individuano la preda. Abbiamo sfondato la porta e siamo entrati di colpo nell'atrio. Lì, abbiamo trovato trovato tutta la gente radunata e i bambini. Abbiamo sparato in aria verso il soffitto e i lampadari. Subito l'atrio si è riempito di fumo. C'erano un migliaio di persone, nell'atrio, c'erano i fiori e i canti, le insegnanti e il preside; e c'erano i bambini. Tutti hanno abbassato istintivamente la testa, ma le urla sono arrivate con un secondo di ritardo, perché non devono aver capito subito che cosa stava succedendo. 
Per un momento non si è capito niente, e io ho solo pensato che avrei dovuto continuare a sparare in aria. Alcuni, presi dal panico, si aggrappavano a noi e urlavano frasi incomprensibili nel rumore. 
Ho visto Iznaur picchiare una donna con il calcio del fucile, e Magomed sparare a un gruppo di uomini che avevano tentato di avvicinarsi con le braccia alzate.
Ma per tutto questo tempo, me ne rendo conto, io non ho guardato in faccia questa gente, non ho ascoltato quello che dicevano o imploravano gli ostaggi: fino a quando non siamo riusciti, in un'ora imprecisata del mattino, a radunarli in palestra e a farli sedere, per me queste persone sono state soltanto delle cose da spostare.»

Andrea Tarabbia, Il Demone di Beslan

È mercoledì, è il primo settembre del 2004.
È il primo giorno di scuola.
Studenti, insegnanti, genitori e parenti raggiungono la scuola “Numero Uno” di Beslan.
Sono in Cecenia loro, vivono a Beslan.
Il primo giorno di scuola.
Bambini, mani che sfuggono, saluti, i più piccoli che arrivano per frequentare la prima classe daranno un fiore ai più grandi, ai bambini che faranno l'ultimo anno.
In pochi minuti circa 1.200 persone persero la loro identità. Da esseri umani si trasformarono in 1.100 ostaggi.
Era il primo settembre e c'erano tanti bambini. E tanti ragazzi.
Dai 6 ai 18 anni.
Primo giorno di scuola a Beslan, quando un commando composto da 32 persone entra nella scuola.
Dopo pochi minuti di regole assurde a cui gli ostaggi avrebbero dovuto sottostare, vengono uccisi dei ragazzi, così per dimostrare che ciò che stava accadendo era vero, tremendo, mostruoso.
E occorre stare zitti, una delle regole è il silenzio. E provateci voi a non urlare. Provateci voi a far stare in silenzio di fronte all’orrore tutti quei bambini.
Il 2 settembre, giovedì, agli ostaggi, ai bambini, alle mamme, ai nonni, ai ragazzi, viene vietato di mangiare e di bere.
Quanto faceva caldo? E poi potevano andare in bagno?
E poi dov'era scappata la vita normale?
Quella di casa, del piatto in tavola, del letto con le lenzuola.
Dove la polvere sotto il televisore, dove "Esco, vado al lavoro", dove il “Mi cambio l'assorbente”?
Il quotidiano semplice nulla che compone le giornate lasciando che siano eccezionali e nostre.
Sono rimasti quasi tutti con le mutandine bianche indosso. La loro tenera intimità. Faceva tanto caldo. Spogliarsi era l'unica cosa che potevano fare.
Il 3 settembre, venerdì, l'eccidio.
56 ore di paura e di grida, di minacce e di malori. 56 ore di paura e di impotente possibilità di comprendere. 56 ore di mondo che non torna più quello di prima. Quello del fiore che i più piccoli dovevano dare ai più grandi.
Moriranno 335 persone.
Moriranno 186 bambini.
La loro culla, la loro bara, misurava 25 metri in lunghezza per 10 in larghezza. Questa la misura delle 56 ore passate in quella palestra.
Tutti gli altri ostaggi rimasero feriti. Molti nel corpo, tutti nella mente.
Perché si passò allo scontro a fuoco non è dato sapere. Perché i soldati armarono una guerra con gli attentatori rimane nascosto nel pozzo nero della storia.
Ma io li sento. Sento come sussurrano ancora i bambini. Sussurrano tutte quelle parole che non hanno potuto gridare. Sussurrano “mamma” e qualcuno dovrebbe rispondere e dovrebbe portar loro da bere. Perché non c’è pace senza memoria.

Li senti anche tu, lo so.







San Marino











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