sabato 22 agosto 2015

Un'Antropologa senza Antropologia. di Rebecca di Santo


Intellettuali d'oggi
idioti di domani
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani.
Profeti molto acrobati
della rivoluzione
oggi farò da me
senza lezione.
Fabrizio de André, Il Bombarolo


Ho studiato. Ho studiato parecchio. Dovevo anche recuperare. Famiglia proletaria, studi professionali. E poi la scelta dell'Università.
Università degli Studi La Sapienza di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia.
Il mio piano di studi è stato, neanche a dirlo, molto personalizzato.
Da Filosofia della Scienza, a Letteratura Moderna, da Antropologia Culturale (in cui mi sono laureata) a Geografia.
Non ho affinato quelle basi che studi classici avrebbero reso fondamenta del mio sapere, ma ho curiosato, ho approfondito laddove non sapevo nemmeno di potermi affacciare.
L'amore pregno fra libri e appunti. Appuntamenti per gli esami, Biblioteche magiche e sigarette nelle pause studio.
Ho lavorato. Ho lavorato da subito. Iscrizione al primo anno e già a novembre il primo impegno lavorativo: commessa in un negozio di giocattoli e piccoli casalinghi. 
E da lì tutta la mia vita si è concentrata su lavoro e studio. 
Forse solo adesso mi sento fiera. Fiera di avere iniziato, fiera di aver durato e fiera di essermi laureata: "La sacralità della Natura e la sua frantumazione. Insidia e fascino della complessità".
Una bella testi sul sacro laico.
Poi un impegno col professor Vittorio Lanternari, io in qualità di editor di quello che è stato poi il suo penultimo libro, edito da Dedalo, "Econtropologia".
Vittorio Lanternari ed io, estate 2003. 
Editor e confidente di storie di cattedre universitarie, storie di tradimenti e amori, e soprattutto storie di viaggi, perché l'antropologo migliore è un affabulatore, il più fortunato è un viaggiatore, il più timorato è l'accademico. E Vittorio li ha passati in rassegna tutti, nomi e cognomi, vizi di forma e scarse teorie.

Non so se sono riuscita a fargli comprendere che non ero lì per caso. Io così calma e così in ascolto. La mia tesi di laurea, i miei interessi, così profondamente vicini al suo pensiero degli ultimi anni. L'ecoantropologia come lettura e svolta nel rapporto, rischiosamente univoco, fra cultura e natura. Una visione tale da mettere in primo piano la Responsabilità culturale dinanzi al Creato. 
Vittorio Lanternari, marxista, sguardo indipendente, riconosce la profanazione del pianeta Terra come profanazione, parimenti, dell'essere umano. È violato un legame di misteri e di scienza.

Andavo nel suo studio, nella sua casa, e ci passavo le ore. 
Lui alla scrivania, mani indurite dai reumatismi e ripetizioni a non finire, nei fogli che mi passava e sui quali dovevo lavorare, e nei ricordi.
Su tutti la moglie, amatissima. Che non c'era più.
La morte la nominava solo quando parlava di quella donna, altrimenti, da laico, non aveva da dire molto su quella sua, di uomo di ottantaquattro anni.
La morte era quella assenza onnipresente in una casa romana, assenza piena di legno e tracce. Spazi la cui vita si era ridotta, accerchiata fra letto e scrivania. 
Avrei preso tutti i suoi libri, mmi sarei portata via tutte le maschere, tutte quelle opere che dal Ghana e da altrove erano diventate sue. Le avrei prese perché rare e perché io, fra gli antropologi, sono una non-antropologa. Fra gli antropologi sono una fuoriuscita.
Le ultime fasi del lavoro con Vittorio sono state con il pancione. Davvero, andavo da lui con la gran pancia dei giorni prima di partorire.
Ero pronta per quel lavoro, ero pronta per quella relazione, ero pronta perché non avevo ambizioni antropologiche. Io, fra gli antropologi, sono una che ha lavorato con le mani anche quando era sui libri.
Mani a sottolineare, mani a memorizzare trascrivendo e riassumendo.
Mani a sfogliare.
Non sono antropologa proprio per questo, forse.

Vittorio è morto il 5 agosto del 2010, non lo vedevo da tempo.
Le ultime telefonate erano fatte di conversazioni confuse e facevano riferimento a persone e situazioni che io non conoscevo e che Vittorio forse credeva ancora presenti.

Rebecca





1 commento:

  1. Sono poche righe, ma che emozione leggerle. Sfiorare la tua emozione che mai offusca la tua lucidità. Grazie Rebecca. Spero, un giorno, di leggere "La sacralità della Natura e la sua frantumazione. Insidia e fascino della complessità". Insidia e fascino della complessità. Tolgo l'insidia, sottolineo il fascino della complessità della tua mente, della tua generosità nel presentarti e nel donare parte di te.

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