mercoledì 2 dicembre 2015

"In quale stile nuota la morte" di Rebecca di Santo

La pancia bagnata è divenuta quasi insensibile. 
Il braccio destro irrigidito. 
Bhekisisa prova a muoverlo ma fa un gran male all'altezza della spalla. 
Come se una bocca di fuoco stesse tentando di mangiarlo, da dentro. 
Il braccio sinistro pende tentando di generare movimento. 
Ma è più che altro un tic che Bhekisisa asseconda ed osserva, come se quel braccio neanche le appartenesse. 
L'orecchio destro non sente più. 
Giorni e giorni a subire il risucchio dell'acqua che sale fra le stecche del legno. 
Ed ora quasi tutto il suo corpo è assopito. 
Anche la sua mente è incerta. 
Fra delirio e chiarezza. 
Sospesa nell'enorme blu di quel mare e di quel cielo. 
Sopra di lei. 
Sotto di lei.
Il sapore salato di una consapevolezza: 
una zattera, per quanto mezzo di fortuna, non può affondare.
E così Bhekisisa galleggia in questo liquido amniotico verso il suo strano e lunghissimo morire.
Rebecca di Santo

 




2 commenti:

  1. Non avevo inizialmente colto la realtà della situazione descritta. Anzi, si può dire che l'ho capita solo dopo una seconda lettura.
    Sono senza parole. Posso solo dirti che è così crudo e ''reale'' da farmi venire la pelle d'oca.
    Non saprei dirlo. E' come se la consapevolezza mi avesse colta così tanto da farmi rimanere con gli occhi sbarrati.
    Mi è piaciuto davvero tanto il tuo scritto. E vorrei che molti altri ne parlassero perché è ignobile restare a bocca aperta per una situazione così ''comune'', all'ordine del giorno, insomma. I media dovrebbero anche raccontare questa situazione proprio come hai fatto tu, dalla parte del clandestino.
    Grazie per l'amara ma importante emozione che mi hai donato! :)

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    1. sì, hai ragione.
      hai ragione sia sulla necessità di una lettura più attenta che permetta di cogliere il "cosa" e soprattutto il "chi" sia il protagonista della storia.
      ma soprattutto hai ragione sul mettersi nei panni degli altri.
      continuo a pensare che il Premio Nobel dovrebbe andare ai pescatori e ai guardacoste che ogni giorno, ogni notte, vanno in mare a raccogliere i corpi dei vivi e le anime dei morti nel nostro bellissimo e mortale Mediterraneo.

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