martedì 15 settembre 2015

In morte di Oriana, con un testo di Alekos Panagulis. di Rebecca di Santo




Leggere 'Un Uomo' è un'esperienza dura.
Per il contenuto e per la totale mancanza di eroi che valgano anche solo una costola rotta di Alekos Panagulis.
Quell'Uomo fracassato che vale ancora tanti uomini interi.
Ma è esperienza dura in sé, p
erché leggere di quest'Uomo fa bene all'anima e male al cuore.
Quindi un Uomo mi si traduce, via via che avanzo nella lettura, in Umanità Rara.
E addosso a questa narrazione c'è anche un'altra storia.
La storia di chi di quest'Uomo lo narra.
La Fallaci.
In Italia sempre bravi a trovare il marcio e se si tratta di donne lo si fa con ancora più ardore e cattiveria.
Quindi UN UOMO è anche quella singola Donna che lo ha amato e vissuto.
Eppure invece del contenuto, al momento dell'uscita, fu attaccata la Donna, senza capirne nulla; senza cercare la Scrittrice.
Alekos Panagulis riceve miele sulle sue ferite ed io mi sono ritrovata ad inghiottire fiele.

  memorie del carcere.           di Alekos Panagulis

Legato mani e piedi
a un letto di ferro
le catene
costringono il corpo all'immobilità.

Corvi attorno a me
vogliono straziarmi.
Sono schiavi dei tiranni
e hanno sembianze umane.

Con legni percuotono le piante dei miei piedi.
mi spengono sigarette sul corpo,
sul mio viso insanguinato
appoggiano le canne delle loro pistole
e urlano senza fine.
Mi insultano e gridano minacce.

Loro che hanno disertato
chiamano me disertore.
Loro che hanno tradito
dicono a me traditore.
Loro su cui il Popolo sputerà domani
sputano su di me.
Mi chiamano puttana,
incapaci di vedere
la forza interiore e la verità
nelle ingiurie e nell'ira di me incatenato.
Mi chiamano puttana
e la frusta
lascia segni sul mio corpo
ferite nuove
ferite che si spalancano incredule.

Sulla camicia di carne
i rivoli di sangue
cambiano colore.
Ma continuano a picchiare
e, ogni tanto,
con nuove torture cercano
di gonfiare il dolore.

Le mani che mi tappavano
il naso e la bocca
le mordevo.
Ma adesso
che una coperta mi avvolge la testa
il cielo
scende sui miei occhi
colmo di stelle.
E sul mio petto
crollano montagne,
sirene allucinanti
fischiano nelle orecchie.

Il corpo sussulta senza speranza
per un po' d'aria.
Immerso nel sudore.
Per un po' d'aria.
Per un po' d'aria,
un po' d'aria soltanto.

Suoni e risate,
insulti miserabili e vili.
Ma perché?
Palpano i coglioni dell'Incatenato.
Senza avere fretta.

Mi spiegano cosa faranno.
Senza avere fretta.

Aprono cassetti
ne estraggono aghi.
Senza avere fretta.

Qualcuno di loro
(come sempre)
mi... consiglia
(recita la parte da buono).
Ma ormai non lo ascolto neanche
e così cominciano.

Mi infilano dentro l'uretra un ago
(sottilissimo, di ferro).
Brividi in tutto il corpo
l'altro estremo dell'ago
ora lo riscaldano.

I lamenti
le risate sommesse.
Le risate ascoltate,
le loro risate.

Senza voce, stanchi, sudati,
incapaci di inventarsi altro.
Tutti insieme
mi colpiscono gridando.

Una macchina vicino muggisce
e solo una voce umana
s'ascolta nel tumulto.
Una radio.

Come impazziti mi percuotono
con le mani e con i piedi.
Tutti insieme.

Sui muri e sul pavimento
si proiettano fiori di fuoco

fiamme di un altro mondo
ballano ritmi sfrenati
tutto gira
e presto si perde.

Mi ritrovo in un'altra stanza,
piccolo il cambiamento,
le catene mi fanno ancora compagnia.
Le facce sfocate,
spine d'odio,
si piegano verso di me
Cresce il tono delle loro voci.

E nuove facce con quelli.
Ma tutte uguali le espressioni.
E uguali le uniformi,
cos'è che si trova
sul risvolto dell'uniforme
qualche antico simbolo?
Di Ippocrate.
Hanno dimenticato il giuramento.

Scene di vita .
Ombre nere,
scene che ho vissuto.
Ma quale ricordare per prima?
La memoria dolore
la solitudine?
Dolore anch'essa.
Dolore compagno del dolore
è la nostra vita

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