sabato 26 marzo 2016

“Separazione totale” di Rebecca di Santo


Passavano, io in piedi alla cassa della macelleria in piazza Giudia; loro per strada, oltre il vetro.
Non sono mai entrati.
Raramente un refolo di vento, che si infilava nella porta, mi portava strappi di parole "fares...", "...ssibile".
Era lui a parlare e gesticolare. Sempre agitato.
Circa ottant'anni. Lei (stessa età) aveva sempre un fazzoletto da uomo, bianco e di cotone, per le mani. Ci si tamponava il sudore che la sopportazione doveva produrle.
Oramai una sessantina di anni fa un giorno lei, da sola, entrò in negozio con un sacco di juta.
Venne da me.
Da vicino era ancora più piccina e spaurita. Posò il borsone.
Mi raggiunse subito l'odore del macello.
Un misto di ferro e ruggine che sempre mi assale la gola.
La vecchina, senza tracce di sudore stavolta, mi disse:
"Se glielo lascio e passo più tardi potete macinarlo?"
Nel sacco l'occhio spalancato del vecchio mi guardava dal misto di carne e carta di giornale.
Scoprimmo poi una selezione di testa, lingua e interiora che la signora aveva ben preparato per mangiare nei suoi ultimi e felici giorni di vita.


di Rebecca di Santo




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