venerdì 29 aprile 2016

"Confessati. Dentro te. Pubblicamente" di Rebecca

Sono stata fortunata, nella mia adolescenza intendo. Ero una fanciulla che provocava, con le buone o con le cattive. Provocavo perché ero punk e provocavo perché ero femminile. Provocavo perché ero "femmina" ed ero curiosa. La sessualità era nascosta dietro un atteggiamento, dietro uno sberleffo, dietro una pacca sul culo. ed io? Non ero fatta per assistere. Io dovevo andare a vedere. Sono rimasta intera.
Solo un tizio. Soltanto uno, pensa.
Il papà di un'amichetta: mi mise le mani fra le gambe.
Avevo 11 anni.
Ma l'ha pagata. Forse anche troppo e forse non l'ha neanche capito.
Lo odio. Lo odio ancora con tutta me stessa.
Perché non ho capito nulla e perché so del mio silenzio. SOLTANTO IO SO DEL MIO SILENZIO.
11 anni sono stati violati e lo ricordo talmente bene da esserne confusa ogni volta che mi torna in mente.
La macchina. Il buio. Il tono di voce.
11 anni per non capirci nulla e per provare uno schifo che sapeva di buio.
Odio le Land Rover. Odio il suo sorriso diurno.
Provo una tenerezza indicibile per quella bambina.
Provo un’indicibile orrore per quel sedile didietro in cui volevo schiantarmi.
Non c'era mio padre. Non c'era mia madre. Non c'era nessuno.
Il buio di una strada notturna.
Ma mi è andata bene. Mi è andata benissimo. Ho problemi con la sessualità.
Ma è normale vero? Ne avete anche voi.
Eppure se penso al cassetto di mia figlia sento che ucciderei anche se soltanto qualcuno lo guardasse non dovendolo fare.
sento troppa rabbia.
E penso: "sono stata fortunata".                                                                                                                                                                                                                                     Rebecca (e quella Bambina) 



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