domenica 17 aprile 2016

"Uno degli ultimi" di Rebecca

Clara, con estrema sicurezza, passava i polpastrelli sulla testa del cliente.
Era uno degli affezionati, entrava in negozio il giovedì sera per avvisare che l'indomani, nel primo pomeriggio, sarebbe passato per un'aggiustatina.
In realtà gli habitués erano tanti. Poi c'erano quelli che si facevano vedere ogni tre mesi perché, oltre un certo numero di giorni, proprio non potevano resistere.
Nando era rimasto uno degli ultimi a definire il suo salone unisex, ma, da quando Clara era andata a lavorare da lui, di donne non ne erano più entrate, persino quando ad avere bisogno del taglio erano i bambini, venivano i papà ad accompagnarli.
La presenza di Clara non aveva fatto crescere la varietà della clientela, come aveva sperato Nando. Clara era gradevole, educata, naturalmente disposta al sorriso. I vecchietti l'avevano presa in simpatia affidandole mance micragnose, ma assolutamente proporzionate al tenore di vita che loro stessi potavano permettersi. Era di certo più generosa Clara con la sua scollatura. Una scollatura che interessava un po' tutti lì nel salone. Quello che ci affondava più spesso lo sguardo era proprio Nando. Approfittava soprattutto dello specchio e dei momenti in cui Clara si chinava a cercare qualche confezione di brillantina o a mettere in ordine gli asciugamani, ritirati, caldi e morbidi, dalla lavanderia a gettone.
Insomma, la presenza della donna non aveva portato nessuna variazione per le entrate economiche, nessuna donna aveva pensato di trovare in Clara la motivazione per provare un taglio dal parrucchiere Nando "Al Paradiso dei Capelli. Tagli unisex", però dal punto di vista della gioia per gli occhi la differenza c'era, e si faceva sentire, soprattutto sotto la patta dei pantaloni.
Clara sembrava non accorgersene. Sia della scollatura, che rasentava con estrema naturalezza l'osceno, sia degli occhi che ci cascavano dentro.
Quel venerdì pomeriggio era arrivato Nunzio; il cliente del venerdì alle quindici.
Questa volta aveva semplicemente chiesto uno shampoo con lozione, per lenire la sua tricodenia. 
Fuori pioveva molto e, per essere appena l'inizio di ottobre, faceva freddo. La vetrina del salone rimandava una luce umida e Clara era in uno dei giorni in cui il suo abbigliamento era più castigato. Sotto al camice indossava delle calze nere, così nere Nando non le aveva mai viste. Gli facevano venire in mente le suore, che per non far entrare in contatto la pelle con la luce del sole, si coprono tutte. Per il resto indossava solo il camice verde acqua - tutto nel salone era verde acqua -, lungo fino alle ginocchia. Sotto, si intravedeva il reggiseno, quasi sempre nero. Nando era riuscito a vedere che spesso si trattava di pizzo e teneva su i due seni tonici e generosi.
Clara aveva quarantatré anni. Quel venerdì teneva i capelli in uno chignon morbido, qualche ricciolino le si poggiava sul collo, le sfiorava le spalle. I suoi capelli rossi avevano boccoli bellissimi, ma, per professionalità, li teneva sempre legati ed era un gran peccato per Nando e per i clienti.
Sul volto sempre un velo di trucco, del rimmel che le allungava le ciglia foltissime, del fard leggero e del rossetto. Col rossetto toccava varie tonalità: il rosso ciliegia, il rosa brillante e, qualche volta, dei colori scuri che appesantivano la sua femminilità e che, al tempo stesso, le stavano davvero molto bene. Quel venerdì aveva sulle labbra un bordeaux, con un contorno labbra scurissimo.
Quando Nunzio si sedette e disse di cosa aveva bisogno, Nando si sentì sollevato. Era un lavoro che Clara poteva fare in totale autonomia. Lui si sarebbe seduto sulla poltrona a leggere un giornale, o a sonnecchiare silenziosamente dopo il caffè.
Infatti così andò. Dopo aver offerto il caffè ai presenti, prese il suo, lo pose sul ripiano da lavoro e si sedette due poltrone più in là da dove Clara stava lavorando.
Fuori pioveva e il cielo era sempre più scuro. Sulla via non c'erano altri negozi, era una via a dir poco secondaria, il passaggio pedonale era scarso e, in alcune ore della giornata, inesistente.
Clara finì di lavare i capelli al vecchietto e lo fece accomodare in poltrona. La lozione doveva essere massaggiata, per fare il suo effetto, per almeno dieci minuti; così Clara sapeva che era meglio far sedere il signore sulla poltrona piuttosto che lavorare dal lavaggio. Altrimenti sarebbe stata scomoda lei e scomodissimo il cliente.
Da quel momento avvenne qualcosa che mutò il corso dell'uggiosa giornata ottobrina e anche il senso dei giorni a venire.
Nando sfogliava una rivista. Ne aveva prese a caso, tanto erano più o meno identiche. Tutte avevano poco testo e molte foto. Foto di donne al mare, in topless; foto di uomini con tatuaggi che avevano usato violenza a qualche ex e che ora, dalle pagine di quelle riviste, si professavano pentiti. Foto più spinte, attorno alle quali l'articolo scompariva, perché nessuno ne avrebbe mai letto il contenuto.
Così Nando era fermo proprio su una di quelle pagine quando un tuono fece saltare la corrente. Immediato si azionò il generatore. Clara non mostrò nessun segno di reazione, in realtà nemmeno il vecchietto che sembrava placidamente appennicato. Bastò questo balzo della luce per far sollevare lo sguardo di Nando dalle donne di carta a quella che aveva davanti.
Clara stava canticchiando, lo faceva spesso mentre lavorava, non si sentiva il suono, ma il leggero movimento delle labbra. Motivetti che Nando non riconosceva mai. Ora, profittando della penombra in cui si trovavano, Nando si lasciò andare a osservare Clara quasi con ostentazione. In fin dei conti era l'unica a fare qualcosa lì dentro, il giornale non lo poteva certo leggere con quella luce bassa e così ammirava la sua dipendente lavorare.

Quel venerdì Clara era uscita di casa molto presto. Era andata al mercato e, al ritorno, aveva incrociato per le scale il suo vicino di casa: Arturo Bandelli. Arturo era un gentiluomo di poco più di sessant'anni. Scapolo e in pensione. Lui e Clara non si erano mai dati un appuntamento, vivevano uno davanti all'altra da circa cinque anni e, sin dalla prima volta era andata così, proprio come andò quel venerdì. Arturo si offrì di prendere le buste della spesa dalle mani di Clara, anche se Clara non aveva bisogno di aiuto; aveva fatto davvero pochi acquisti: i primi mandarini, tre etti di olive verdi giganti, tre etti di baresane e delle uova fresche che l'ortolano portava quando le sue galline chiocciavano. Arturo insistette una sola volta, poi guardò Clara negli occhi e le offrì un caffè, per iniziare la giornata in compagnia. Al caffè di Arturo Clara non sapeva resistere, da buon napoletano lo faceva benissimo, denso e cremoso.
Arturo aveva già aperto la porta e le faceva strada. Clara conosceva bene l'ingresso, la sala e la porta della cucina. Non aveva mai visto il resto della casa, ma, quel tragitto, le era noto. Arturo fischiettando preparò la moca mentre Clara era poggiata al davanzale, osservava il cielo scuro e le nuvole basse mosse a gran velocità dal vento. Il profumo del caffè la raggiunse presto, si voltò e si avvicinò ad Arturo che le porgeva la tazzina. Il caffè era amaro e bollente, le piacque come sempre, forse un poco di più. Nell'istante in cui l'ultimo sorso le scivolò giù verso la gola, Arturo le si fece addosso. Clara lo baciò sulla bocca e, come obbedisse a un comando, si inginocchiò e iniziò a baciare la stoffa dei pantaloni di Arturo.
Stettero così per un poco, poi Clara si alzò, Arturo la rovesciò e la piegò sul tavolo e furono l'uno dell'altra. Dopo un'oretta Arturo le apriva la porta e, voce ancora tremula, la salutava con cordialità.
Clara difficilmente raggiungeva un vero e proprio orgasmo durante quei rapporti, ma ne riceveva comunque un piacere che la affrancava da qualsiasi pensiero negativo, Arturo la faceva stare semplicemente bene.
Rientrò nella sua casa e mise a posto la spesa. Le uova, che erano sotto il suo corpo durante l'amplesso sul tavolo della cucina, erano già trasformate in frittata. non fu possibile recuperarle, ma Clara godette del piacere di impiastricciarsi le mani in quel liquido tiepido e viscoso. Proprio mentre toccava tuorli e albumi le arrivò, inaspettato, l'orgasmo. Lentissimo e piacevolissimo. Sorrise, si preparò il terzo caffè e poi andò in bagno per prepararsi per la sua giornata di lavoro al salone.
Il temporale strapazzava di pioggia la strada. I tuoni erano forti e secchi, come venissero esplosi con intenzioni precise. 

Quando Clara iniziò a lavorare la lozione sulla testa del vecchietto, la lozione prese densità. Clara ne avvertì la consistenza, del tutto simile all'albume delle uova. Così, massaggiando e canticchiando, iniziò a dondolare il bacino. Ciò che poteva osservare Nando era che Clara si strofinava alla poltrona e, in realtà alle spalle del vecchio. Vedeva Clara prendere una respirazione sempre più affannata. Intanto le sue mani ripetevano il gesto circolare, consono alla lavorazione della lozione.
A Nando non era chiaro cosa stesse accadendo davvero, se i suoi pensieri avessero preso il volo con la fantasia, ma l'eccitazione che sentiva salire gli dava una sensazione di urgenza. Si alzò e si fece dietro Clara. La donna non rimase stupita, anzi accolse quel contatto. Continuò a ripetere i suoi gesti con le mani. Il vecchietto era assopito. Nando iniziò a seguire col bacino il bacino di Clara. Nulla di più, seguiva le onde di Clara.
Quel momento rimase sospeso fra il gocciolìo della pioggia e la tenerezza dei corpi.

Da quel venerdì il salone di Nando cambiò dicitura, non più "Al Paradiso dei Capelli. Tagli Unisex", ma "Al Paradiso dei Capelli. Cure speficiche della Tricodenia".

di Rebecca

Hilda, di Duane Bryers

Hilda, di Duane Bryers

Hilda, di Duane Bryers

Hilda, di Duane Bryers

Hilda, di Duane Bryers

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